I racconti di Ise (Ise monogatari), traduzione e cura di Andrea Maurizi, Venezia, Marsilio, 2018
Curiosità sulla traduzione
I racconti di Ise è una delle opere più conosciute e apprezzate della produzione letteraria del periodo Heian (794-1185). Nella versione ritenuta dagli studiosi più rappresentativa, si presenta come una raccolta di 125 brevi aneddoti incentrati sulla descrizione di momenti particolarmente salienti della vita e delle avventure amorose di un nobile di corte che, tranne in un singolo caso, non viene mai indicato né con il proprio nome né, come imponeva la consuetudine letteraria del tempo, con la carica che ricopriva nel momento in cui la storia viene narrata. Nonostante questo apparente anonimato del protagonista, l’opera è tradizionalmente interpretata come una biografia romanzata del poeta e funzionario di corte Ariwara no Narihira (825-880), le cui vicende galanti sono presentate soprattutto attraverso le poesie da lui inviate o ricevute dalle numerose nobildonne con cui intrattenne una relazione amorosa. Ma non solo. Lungi dall’essere solo un raffinato e ben congeniato canzoniere d’amore dell’antico Giappone, l’opera – grazie all’alternanza di eleganti quanto lapidari brani in prosa e componimenti poetici spesso costruiti sfruttando la polisemia della lingua giapponese e la forza evocativa delle più raffinate figure retoriche della tradizione letteraria del paese – apre numerosi spaccati su diversi aspetti della vita privata della nobiltà di corte, fornendo ai lettori che si sono succeduti nel corso dei secoli la possibilità di acquisire importanti elementi per meglio comprendere il vissuto quotidiano dell’aristocrazia di quel lontano periodo storico.
La permanenza di un testo all’interno del canone letterario di un paese non è duratura né scontata. Affinché un’opera possa continuare a essere annoverata tra i testi più importanti e rappresentativi della produzione letteraria del paese che l’ha prodotta, è necessario che la sua centralità venga affermata e sostenuta attraverso una sua costante ‘rilettura’ e ‘reinterpretazione’. In altre parole, parafrasando Calvino, si potrebbe dire che «un classico è un libro che non ha mai finito di dire quello che ha da dire». In tal senso, lo Ise monogatari appare senza dubbio una delle opere più rappresentative della classicità giapponese. A partire dalla fine del x secolo fino ai nostri giorni, l’opera è stata di continuo studiata, annotata e analizzata dai più importanti studiosi e filologi del paese, i cui sforzi interpretativi, sempre diversi e originali, hanno contribuito a rinsaldare la sua posizione all’interno del panorama letterario del Giappone. Per quanto paradossale possa sembrare, il duraturo e profondo interesse di cui da sempre l’opera è stata oggetto, alimentando un flusso ininterrotto di nuove e stimolanti interpretazioni, deriva proprio da quelli che, a prima vista, potrebbero sembrare gli ostacoli che ne avrebbero potuto inficiare la godibilità e l’apprezzamento.
Lo Ise monogatari, infatti, non è un testo facile, al punto che più studiosi lo hanno definito come una delle opere più enigmatiche della letteratura giapponese. Le ragioni sono molteplici, e attengono sia alla sfera della vera e propria esegesi sia a questioni connesse al disorientante numero di varianti testuali e agli irrisolti quesiti legati alla sua genesi, al suo titolo, al suo autore e al rapporto tra le parti in prosa e in poesia. A dispetto della sua innegabile difficoltà interpretativa – o forse sarebbe meglio dire proprio in virtù delle sue numerose ambiguità linguistiche che, nel corso del tempo, hanno senza dubbio facilitato l’instaurarsi di un fitto dialogo tra la raccolta e i suoi esegeti –, lo Ise monogatari è il testo che forse meglio di tutti esemplifica «l’inesauribilità del significato» di un’opera letteraria, come dimostrano le interpretazioni che nei secoli l’hanno voluto leggere – a volte a ragione, altre in maniera forse arbitraria – come un testo carico di allegorie religiose, di rimandi alle virtù confuciane, di esempi tesi a propugnare l’eguaglianza dei sessi, di esempi comprovanti la licenziosità di una classe sociale indolente, corrotta e priva di una coscienza religiosa, di manifestazioni del desiderio di riscatto della media e bassa aristocrazia dall’oligarchia instaurata dai Fujiwara e di modelli comportamentali basati su un ideale e inarrivabile grado di raffinatezza ed eleganza.
—
La presente traduzione dello Ise monogatari è stata condotta sull’edizione a cura di Fukui Teisuke, Ise monogatari, in Katagiri Yōichi, Fukui Teisuke, Takahashi Shōji, Shimizu Yoshiko (a cura di), Taketori monogatari, Ise monogatari, Yamato monogatari, Heichū monogatari, in «Nihon koten bungaku zenshū», 12, Tōkyō, Shōgakukan, 1994, pp. 111-216. È la nona traduzione uscita in una lingua occidentale dell’opera dagli anni Cinquanta a oggi. Ricordiamo qui di seguito le edizioni che l’hanno preceduta:
Frits Vos, A Study of the Ise-Monogatari. With the Text According to the Den-teika-hippon and an Annotated Translation, Volume I, Leiden, Mouton & Co. Publishers, 1957
Helen Craig McCullough, Tales of Ise. Lyrical Episodes from Tenth-Century Japan, Stanford, Stanford University Press, 1968
Gaston Renondeau, Contes d’Ise, Paris, Gallimard/Unesco, 1969
H. Jay Harris, The Tales of Ise, Rutland, Vermont & Tokyo, Charles E. Tuttle Company, 1972
Michele Marra, I racconti di Ise, Torino, Einaudi, 1985
Joshua S. Mostow, Royall Tyler, The Ise Stories. Ise monogatari, Honolulu, University of Hawai’i Press, 2010
Jordi Mas López, Cuentos de Ise, Madrid, Editorial Trotta, 2010
Peter MacMillian, The Tales of Ise, London, Penguin Books, 2016
—
Informazioni sul romanzo e sull’autore sono disponibili sulla pagina dell’editore.