La moglie dell’abate

Daozhang

道长

di Yan Lianke 阎连科
traduzione di Alessandra Pezza

Il cielo può stare anche dentro una bottiglia.

L’abate taoista aveva una donna; quando andava da lui portava sempre con sé il figlio e una ventata di calore femminile.

Yan Lianke 阎连科 (Tianhu, Henan, 1958) è noto all’estero soprattutto per il rapporto tormentato con la censura, che ha portato al bando in patria dei suoi romanzi Servire il popolo (tr. Patrizia Liberati, Einaudi, 2006), Il sogno del villaggio dei Ding (tr. Lucia Regola, Nottetempo, 2011) e I Quattro libri (tr. Lucia Regola, Nottetempo, 2018), e addirittura alla sua scelta di pubblicare unicamente a Taiwan il più recente Rixi (Il giorno in cui morì il sole, di prossima uscita in Italia con Nottetempo). Sono disponibili in italiano anche due raccolte, una di saggi e una di due racconti lunghi, dedicati alla sua provincia di origine, lo Henan. (Pensando a mio padre, 2013 e Gli anni, i mesi, i giorni, 2019, entrambi pubblicati da Nottetempo nella traduzione di Lucia Regola)

La sua scrittura però è molto di più: fatta di descrizioni minuziose, liriche e quasi affettuose della vita nei campi, si caratterizza per una attenzione alle dinamiche di potere che regolano i rapporti umani a tutti i livelli, che trascende, anche se include, esaspera e sottintende, le vicende politiche del suo tempo: c’è tanta Storia nelle sue storie, ma sempre dal punto di vista dei piccoli Davide, spesso originari del suo Henan, contro i Golia potenti che raramente si fanno vedere direttamente, più spesso sono evocati come presenza-assenze o con tratti quasi divini. La riflessione sulla spiritualità della Cina di oggi, inoltre, attraversa come un fil rouge gran parte della sua letteratura, e la ritroviamo nel racconto La moglie dell’abate. Come spesso accade, le implicazioni profonde della narrazione si ritrovano tra le righe del racconto, nelle opposizioni tra caldo e freddo, nel giallo e nel rosso che si rincorrono, nei riverberi della luce spezzata dai vetri, mentre la religione organizzata diventa un’occasione per irridere le autorità e la natura contraddittoria dell’essere umano.

Tutto questo in una lingua che spazia dal lirismo alla parodia, dai regionalismi ai riferimenti colti, ricchissima di metafore e sinestesie, e facendo ricorso a tecniche postmoderne come continui cambi di prospettiva, inversione del tempo del racconto, costruzione di un fittizio apparato di note che, a piè di pagina, racconta al lettore molto più di quanto la “trama ufficiale” non dica. Yan Lianke definisce il suo stile shenshi zhuyi (“pararealismo” o “mitorealismo” a seconda delle traduzioni): un tentativo, parole sue, di mostrare “perché” nella società cinese contemporanea “uno più uno non fa due”, e che sotto la punta dell’iceberg del dichiarato esiste molto di più (metafora ancora del nostro autore, ma in questo caso di Hemingwayana memoria).

(biografia e presentazione a cura di Alessandra Pezza)

Il racconto “La moglie dell’abate” di Yan Lianke è stato pubblicato sulla Lettura, supplemento culturale del Corriere della Sera, di domenica 5 dicembre 2021 (pp. 77-79).