Il Tao delle macchine. Dieci racconti cinesi di androidi, IA e altri futuri possibili (Luiss University Press 2025) è una raccolta di racconti di fantascienza curata da Chen Qiufan (陈楸帆).
Traduzione e adattamento di Désirée Marianini e Patrizia Liberati.
Sulla traduzione
Il lavoro di traduzione ha significato (fuor di retorica) immergersi innanzitutto in luoghi sconosciuti appartenenti a diverse realtà che convergevano e contemporaneamente divergevano dal mondo odierno. La traduttrice si è dotata di un visore per la realtà virtuale metaforico che le ha permesso di osservare in punta di piedi ciò che rimaneva di un satellite incompiuto, di una ex fabbrica abbandonata, di un remoto tempio buddhista, di un ospedale per la salute mentale, di una camera in condivisione in una periferia, e solo dopo aver fatto proprie le coordinate spaziali e temporali dei luoghi, si è potuta concentrare sugli elementi che componevano quei mondi. Queste varie componenti producevano un effetto perturbante: erano persone, oggetti, azioni estremamente familiari ma che improvvisamente si rivelavano minacciose e oscure. Solo dopo avere fatto propria questa emozione è riuscita a tirar fuori la cassetta degli attrezzi del traduttore e lavorare sul registro, sullo stile e sull’adeguatezza rispetto al testo di partenza. Ad esempio, la versione originale del primo racconto del curatore della raccolta e autore di fantascienza, Chen Qiufan, è 看客军团, già solo in 看客 letto in funzione nominale fagocita una dose di cinesità (看客 è stato utilizzato anche da Lu Xun 鲁迅 in Grida 呐喊) complessa da riportare in italiano soprattutto per l’ambientazione del racconto. Siamo all’interno di un mondo contemporaneo fatto di piattaforme online con un intricato sistema a premi, le dipendenze emotive e psicologiche e i fatti reali di cronaca nera. 看客 sono coloro che rimangono a guardare, gli spettatori indifferenti, gli astanti freddi, sprezzanti e ridanciani. Si è preferito nel titolo dare un’accezione neutra al nome e tradurlo poi nel testo in modi differenti: comunità, osservatori e chi rimane lì a guardare, affidando alla perversione del contesto ciò che risiede nell’originale 看客.
